La Zes. Che cosa è e a cosa potrebbe servire

Tra le misure a sostegno dello sviluppo del Mezzogiorno varate dal governo Gentiloni nel decreto Sud (decreto legge 20/6/2017 n. 91 convertito con la legge 3/8/2017 n. 123), ve n’è una che riguarda la istituzione, nelle aree del sud considerate in ritardo di sviluppo e/o in transizione, di Zone economiche speciali (ZES).

Si tratta di zone portuali e di aree retro portuali, collegate alla rete transeuropea dei trasporti e che abbiano le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) 1315/2017 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Le zone in questione devono essere istituite all’interno dei confini statali, in un’ area geografica chiaramente delimitata e identificata. Della Zes, che potrà avere una durata fino a 21 anni,  potranno fare parte aree territoriali non direttamente adiacenti all’area principale, purché ci sia però un nesso economico funzionale con la zona portuale;

In tali aree le imprese già insediate o che  intendono insediarsi, saranno destinatarie  di  importanti benefici fiscali e semplificazioni amministrative, attraendo anche investimenti dall’estero. È prevista inoltre l’applicazione, in relazione agli investimenti effettuati nella Zes, di un credito d’imposta proporzionale al costo dei beni acquistati, entro il 31 dicembre 2020, nel limite massimo, per ciascun progetto d’investimento, di 50 milioni di euro.

Di Zes non si parla soltanto nel nostro paese, ma in Europa e in altri paesi extraeuropei, soprattutto India e Cina. Di recente è stata istituita una Zes a Tangeri (Marocco) collegata al nuovo terminal portuale ivi realizzato. Esse rientrano nel concetto più vasto di “fiscalità di vantaggio”, di quelle misure, cioè, che attraverso la limitazione o l’abolizione per alcuni anni, della tassazione che grava sulle imprese, consentono ad un territorio in ritardo di sviluppo di poter attrarre investimenti (anche esteri) e di far crescere la capacità produttiva e i livelli occupazionali.

In Italia ci sono state diverse misure nel tempo che possono farsi rientrare nel concetto di fiscalità di vantaggio, nel mezzogiorno e non solo. Tra queste i porti franchi, il credito di imposta legato all’occupazione e agli investimenti. Ci rientrano pure le Zfu (Zone franche urbane) di cui una ha riguardato una parte della città di Termini Imerese e – successivamente – la zona industriale e che ha consentito a numerose imprese di godere di importanti agevolazioni sui tributi da esse dovute.

Di nuovo, nella normativa che regola le Zes, c’è che esse devono contenere un porto individuato nella rete transeuropea dei trasporti e che la Zes deve essere costituita con l’elaborazione di un Piano strategico di sviluppo, che riguarderà le imprese e le attività produttive, ma anche l’assetto territoriale e la sostenibilità ambientale.

Elementi, questi, che sono chiaramente individuati dal  Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 12 del 25/1/2018 con cui è stato emanato il “Regolamento recante istituzione di zone economiche speciali”, e nel quale è specificato innanzitutto che la Zes è composta di territori quali porti, aree retro portuali, ma anche di aree a carattere produttivo e aeroportuale, nonché di piattaforme logistiche e interporti.

Il decreto prevede inoltre che le proposte di istituzione delle Zes devono essere presentate dal Presidente della Regione interessata al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i sindaci delle aree interessate.

Alcune Regioni del nostro paese si sono mosse da tempo,  e in Calabria e in Campania sono già state elaborate le proposte, redatti i Piani strategici nel confronto con i territori interessati, sono già state avanzate le richieste di istituzione al Presidente del Consiglio. In Puglia e in Basilicata, per le quali si prevede la costituzione di una Zes interregionale intorno al porto di Taranto, si è comunque in fase avanzata.

La Sicilia è, come spesso avviene, in grandissimo ritardo. La Giunta regionale siciliana, soltanto  con la delibera n. 145 del 28/3/2018 ha istituito una cabina di regia con il compito di istruire una proposta regionale di istituzione di Zes, considerando che ogni Regione può, al massimo, presentare due proposte di Zes, nei limiti dell’estensione territoriale prevista dal Dpcm 12/2018 che per la Sicilia ammonta a Ha. 5.580.

Il nostro territorio può senza dubbio essere compreso nella Zes che farà perno su Palermo.

Innanzitutto va considerato che Termini Imerese è stata individuata come area di crisi industriale complessa a seguito della chiusura degli stabilimenti Fiat e dell’indotto.

Sul territorio di Termini Imerese insistono  un porto plurifunzionale, snodi ferroviari e autostradali ed è in progetto la realizzazione di un interporto (l’unico in Sicilia insieme a quello di Catania), previsto in tutti gli strumenti di pianificazione relativi ai trasporti e alla logistica, regionali, nazionali e europei.

Termini Imerese ha fatto parte di una unica autorità portuale insieme a Palermo, prima della confluenza nell’Autorità di sistema portuale della Sicilia Occidentale, mentre nel regolamento (UE) 1315/2013, Termini Imerese (terminal) è, insieme a Palermo, individuata come porto facente parte della rete centrale dei trasporti europea, laddove per rete centrale si intendono quelle parti della rete globale che rivestono la più alta importanza strategica ai fini del conseguimento degli obiettivi per lo sviluppo della rete europea dei trasporti.

Come abbiamo già ricordato in un precedente articolo qui pubblicato sull’interporto, la inclusione di Termini Imerese in una Zes consentirebbe al nostro territorio di valorizzare al massimo anche le prospettive di nodo della logistica a valore collegata all’interporto e alle realtà produttive. Non va dimenticato, per altro, che la Zes può consentire sia ad imprese insediate che, soprattutto, a nuove imprese, di godere di vantaggi competitivi consistenti.

La redazione di un Piano strategico di sviluppo che, va ricordato, non riguarda la Zes in senso stretto, ma tutto il territorio circostante, può anche essere occasione per sviluppare nuove idee anche sulla zona industriale, che potrebbe diventare un’area produttiva ecologicamente attrezzata.

E’ necessario che le forze sociali termitane sviluppino una propria idea e che l’Amministrazione comunale avvii l’iter della discussione e della interlocuzione con le autorità competenti, Autorità di sistema portuale e Regione Siciliana su tutti. In questo senso va accolta molto positivamente l’iniziativa assunta dai consiglieri comunali Merlino, Di Lisi e Taravella, eletti nelle liste che hanno sostenuto la candidatura a sindaco di Vincenzo Fasone, che hanno presentato sul tema una mozione in Consiglio Comunale, con la quale impegnano il Sindaco a:

avviare le più opportune iniziative, affinché il porto e l’area industriale (comprensiva dell’interporto) di Termini Imerese vengano inserite in una proposta di Zes insieme al porto di Palermo, cui Termini Imerese è funzionalmente e strategicamente collegata;  investire della problematica tutte le forze produttive e sociali operanti sul territorio; riferire costantemente al Consiglio Comunale sulle attività intraprese e sul loro sviluppo.

 

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