La crisi della Blutec, l’Apq scaduto, l’inerzia della Amministrazione comunale, l’insipienza dei governi regionale e nazionale.
L’ennesima riunione, convocata presso Il Ministero dello sviluppo economico alcuni giorni fa, è servita solo per prendere atto che la vicenda della Blutec è ancora in alto mare e lungi dall’essere risolta.
La Blutec è l’azienda, a lungo operante nell’orbita produttiva della Fiat prima e ora Fca, che ha presentato un contratto di sviluppo nell’ambito del più generale accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese, dichiarata “area industriale di crisi complessa”.
Usufruendo di una parte, circa 22 milioni, dei finanziamenti messi a disposizione dall’accordo, la Blutec ha rilevato lo stabilimento ex Fiat e si è fatta carico dei lavoratori rimasti, parte dei quali – un centinaio circa – sono stati nel frattempo assunti effettivamente, gli altri – parecchie centinaia – continuano a rimanere in Cassa integrazione, via via rinnovata negli anni.
Il progetto produttivo della Blutec in realtà non è mai diventato operativo sul serio, per di più Invitalia, il soggetto che agisce per conto del Mise, non ha validato i rendiconti presentati dalla Blutec e relativi ai 22 milioni ricevuti per l’avvio dello stabilimento. Al punto che da parte del Mise è scattata la richiesta alla Blutec di restituire il denaro ricevuto. A rafforzare la sensazione che con la Blutec le cose non vanno bene è intervenuta la Procura della Repubblica di Termini Imerese che ha aperto una inchiesta a carico della società per verificare che fine abbiano fatto i soldi pubblici e quindi se ci siano stati dei reati nell’utilizzo delle somme.
Faticosamente al tavolo presso il Mise, nei mesi scorsi, sono state abbozzate delle soluzioni, quale quella di un nuovo progetto da presentare da parte della Blutec, per fare ripartire produzione e relativi finanziamenti. Ad oggi, tuttavia, detto progetto resta ancora avvolto nelle nebbie, restando la Blutec a bassa operatività e centinaia di operai ex Fiat in Cig, per l’ennesima volta prorogata.
La paralisi in cui si trova il progetto Blutec rende ancora più esasperante la situazione dell’area industriale, per la quale occorre prendere atto che l’accordo di programma a suo tempo stipulato è sostanzialmente fallito. Detto accordo è stato stipulato, verso la fine dell’anno 2014 presso il Mise “per la disciplina degli interventi di riconversione e riqualificazione del polo industriale di Termini Imerese”, tra il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del Lavoro, la Regione Siciliana ed il Comune di Termini Imerese. L’’accordo puntava ad attrarre nuovi investimenti produttivi con gli incentivi del Contratto di Sviluppo.
A seguito di detto accordo è stato successivamente redatto un Accordo di programma quadro tra Ministero dello Sviluppo Economico, Regione Siciliana e Comune di Termini Imerese, la cui validità è stata fissata in 36 mesi. Poiché la decorrenza, secondo quanto dice il Mise, inizia dal 10/7/2015, se ne deve dedurre che l’APQ sia già scaduto, senza che ciò abbia suscitato, non diciamo l’attivismo, ma neanche l’interesse del governo nazionale, né della Regione e neppure del Comune, che sembra ignorare del tutto il problema. Resta il fatto che ci troviamo di fronte ad uno strumento la cui validità è scaduta e per il quale si pone il problema del che fare.
A nostro avviso sarebbe preliminarmente necessario che il Comune di Termini Imerese, il Mise e la Regione Siciliana, anche attivando il gruppo di coordinamento tecnico previsto dall’articolo 7 dell’APQ, si incontrassero per stabilire come procedere: se con una semplice proroga della validità, o, soluzione sicuramente da preferire, attraverso una nuova stesura dell’accordo stesso.
Va ricordato che l’APQ individuava alcune scelte strategiche prioritarie per una reindustrializzazione post Fiat e in particolare: a) l’ automotive, b) la meccanica, c) la meccatronica, d) la green economy, e) l’agroindustria. Non limitandosi quindi al solo settore automotive ma selezionando settori di punta, alcuni dei quali già presenti nell’area industriale di Termini Imerese.
A questo punto, l’Amministrazione comunale dovrebbe farsi parte promotrice non di una pura e semplice proroga, ma di una proposta che miri ad una profonda rivisitazione dell’APQ, in modo da ricomprendervi scelte e indirizzi nel frattempo maturati nella nostra realtà, e tra questi la questione della dismissione parziale della centrale Enel.
Nel corso della recente assemblea cittadina promossa da un folto gruppo di associazioni ed a cui l’Amministrazione ha fornito il patrocinio, sono state presentate delle proposte di grande interesse che traguardano una visione alternativa alla cessione di una parte della centrale per la realizzazione di un deposito costiero di carburante e che riguardano non soltanto l’Enel e la centrale, ma anche la Blutec e il resto della zona industriale.
A questo proposito giova ricordare che il progetto industriale della Blutec prevedeva, tra l’altro: “importanti investimenti in beni materiali (soprattutto) e immateriali (SW, brevetti, progetti attuativi, ecc.) tenendo anche conto delle attività e delle competenze del sistema universitario siciliano, che consentiranno allo stabilimento siciliano di operare ai migliori livelli possibili delle tecnologie e quindi di potersi rivolgere al mercato globale.“ Ancora nel verbale di accordo del 29/07/2016 al Mise, Blutec riconfermava “i propri piani di sviluppo perché Termini Imerese diventi, dal 2017, il più grande sito produttivo italiano dedicato a specialities e low volume production, in particolare dedicato a: servizi qualificati a diversi car makers, con tecnologia di alimentazione elettrica, ibrida, metano; non solo auto, ma anche per veicoli commerciali/speciali. “
La crisi cui è andata incontro la Blutec, ancora non risolta come abbiamo visto, presenta gravi problematicità, tuttavia non si può non notare come la mission delineata da Blutec incontri diversi e rilevanti aspetti delle tematiche collegate all’Enel e non solo. Sia le proposte alternative presentate per la centrale Enel, sia la mission produttiva della Blutec, infatti, sono in grado di entrare a pieno titolo nella nuova e più moderna concezione dell’Interporto che è auspicabile per fare uscire questa importante infrastruttura dalle secche in cui è rimasta impantanata, anche in conseguenza della vetustà della sua impostazione.
Oggi, si guarda alla logistica come leva di sviluppo, collegandola a nuove industrie in grado di trarre valore dai flussi di trasporto e ad attività ad alto valore aggiunto, legate in particolare all’intermodalità, ai servizi avanzati, alle tecnologie di comunicazione, integrate con iniziative di eccellenza nel campo della ricerca, delle conoscenze innovative e della formazione.
Estremamente importante è ciò che ha scritto la Svimez nel “ Rapporto sull’economia del Mezzogiorno nel 2017”, laddove propone come una delle chiavi di sviluppo delle aree meridionali la trasformazione “ delle aree adiacenti ai porti in centri per la logistica a valore, in base a modelli dove il valore del bene intermedio cresce fino al mercato finale. In molti casi, in altri paesi, tali poli logistici in ambito portuale e retro portuale beneficiano dello status di vantaggio fiscale e doganale di Zona franca o di Zona Economica Speciale. Si potrebbe pensare di insediare un polo dell’auto elettrica a Termini Imerese, uno della distribuzione automotive a Gioia Tauro, seguendo l’esempio del porto di Tangeri, dove è stata creata una ZES nella quale si è andato a localizzare un grande investimento della Renault.”
E’ opportuno richiamare il fatto che Termini Imerese è stata individuata come Zona franca urbana, poi estesa all’area industriale e che è in procinto di divenire una delle Zone Economiche Speciali individuate in Sicilia.
Non andrebbe abbandonata poi, la questione della Ciprogest, per la quale, dentro l’APQ, andrebbe valutato se esistono le condizioni per un futuro legato alla agroindustria e alla bioeconomia, e non soltanto alla depurazione dei percolati.
Altra questione connessa e su cui l’Amministrazione si è impegnata nel recente passato ma ancora senza alcun esito, è l’apertura e la gestione dell’incubatore di imprese realizzato da Invitalia nella zona industriale e tuttora non operativo.
Per finire, se si intende puntare per il rilancio di Termini Imerese, sulla innovazione e sulla ricerca, non può farsi a meno di configurare un ruolo determinante delle Università e di altri centri di ricerca. Già nel 2011 un documento ufficiale dell’Università di Palermo sosteneva che: “sarebbe opportuno che il ruolo dell’Università trovasse esplicito riconoscimento già nella fase di prima attuazione dell’accordo di programma (recentemente) sottoscritto, e si concretizzasse in specifiche iniziative. Si pensi, ad esempio, alla realizzazione di un centro di ricerca industriale applicata che inizialmente potrebbe avvalersi dei laboratori e delle competenze proprie dell’ateneo di Palermo, e che, in un secondo momento, potrebbe costituirsi nell’area industriale di Termini Imerese. Scopo del Centro dovrebbe essere quello di fornire il supporto di laboratori, strumentazione e competenze ad attività di ricerca applicata direttamente legate ai processi produttivi previsti.”
Per le risorse necessarie è di assoluta rilevanza il fatto che l’APQ prevedeva finanziamenti a carico dello Stato (150 milioni di euro) e della Regione (90 milioni + 50 milioni per la concessione di garanzie alle imprese), ad ora utilizzati solo per 21,3 milioni concessi a suo tempo alla Blutec, ma richiesti indietro.
Le risorse finanziarie ci sono, le aree e i capannoni ci sono, le idee ci sono e ad esse possono seguire progetti esecutivi. E’ necessario tuttavia smuovere una situazione che né il governo della Regione, né il governo nazionale mostrano di sapere come affrontare.